Il 21 e 22 ottobre 2023 si terrà la seconda edizione della giornata delle Ville Venete, un lungo week-end per scoprire e Vivere le Ville Venete durante il quale Villa Gera sarà aperta in una veste inedita, cioè come sede di concerti.
Ecco il programma dell’evento “Sogno di Pace e Amicizia”. Visita, ascolta e degusta in Villa Gera a Conegliano.
Indice
Quando si arriva a Conegliano, affascinante borgo storico immerso nelle colline dorate del Prosecco, si rimane colpiti dalla solenne imponenza di una candida dimora neoclassica, armoniosamente inserita nei gentili declivi di un luminoso colle alberato.
Adagiate sulle dolci pendenze dell’altura, le mura medievali del borgo, del castello e le mura carraresi delimitano a ovest la maestosa residenza signorile ottocentesca.
La proprietà si integra sapientemente coi rilievi boscosi del colle di Giano, al cui apice, la svettante torre merlata del castello di Conegliano rivaleggia in altezza con scuri e regali cipressi.
La famiglia Gera
Incorniciato dalle vette dolomitiche che vegliano sulla Val Comelico, il castello dei Da Camino è una delle più antiche testimonianze del casato signorile originario dell’alto Cadore, il cui capostipite, Niccolò Gera, era nipote del Patriarca di Aquileia Pietro Gera (1299).
I dati di archivio tramandano il ricordo di illustri figure della nobile famiglia in ambito culturale e spirituale, da Giovanni Battista Gera, persona di spicco in Comelico già agli inizi del XVI secolo, a Bartolomeo (1602 ; 1681), Vescovo di Feltre dal 1664.
Proprietari di vasti possedimenti boschivi, i Gera rifornivano di legname la Repubblica di Venezia e si distinsero in diverse attività professionali e imprenditoriali di rilievo, per poi stabilirsi a Conegliano con ingenti ricchezze nella seconda metà del XVIII secolo.
Bartolomeo Gera (30 giugno 1769 ; 1848)
Figlio di Giuseppe e Antonietta Miari, Bartolomeo Gera nacque a Conegliano, dove il padre si era stabilito per curare le sue molte proprietà nel territorio coneglianese dopo che la famiglia si era trasferita dal Cadore a Campea di Miane e abitava nello splendido palazzo Gera (ex Gamba) in via Cavour, al civico 23, in quello che allora era l’antico Borgo Cerche di Sant’Antonio.
L’Accademia Cittadina degli Aspiranti e il progetto del Nuovo Teatro
Attivamente coinvolto nel dinamico ambiente artistico e intellettuale di Venezia, Bartolomeo Gera frequentava il milieu dell’Accademia di Belle Arti, allora presieduta dal Cicognara, mentre a Conegliano contribuiva all’amministrazione cittadina attraverso iniziative culturali come il Casino dei Nobili, di cui era uno dei fondatori. In seguito noto come Accademia cittadina degli Aspiranti, il Casino dei Nobili era un luogo in cui ci si dedicava alla lettura, alla conversazione e al gioco.
Bartolomeo Gera partecipò inoltre alla società per azioni costituita allo scopo di dare alla città un nuovo teatro, in sostituzione del piccolo Concordia, situato in quella contrada nota ora come via Teatro Vecchio, ambizioso progetto di promozione culturale tramite l’attività teatrale e drammatica, pervasa da sottesi e ottocenteschi sentimenti patriottici.
Le origini di Villa Gera
Architetto e personaggio di spicco nell’élite culturale del tardo settecento coneglianese, Bartolomeo Gera decise di costruire sulle antiche mura di fortificazione, poste a difesa del castello alle pendici del Colle di Giano, una villa come la palladiana Malcontenta.
Consultatosi con il Cicognara e con il fratello Vittore, architetto, esperto di agronomia e anch’egli attivo in campo artistico e culturale, Bartolomeo individuò in Giuseppe Jappelli (Venezia 1783-1852) l’architetto adatto per dare forma al suo sogno: una villa splendida che esprimesse solo il bello dell’arte e che potesse essere per tutti la perla di Conegliano!
Ma Bartolomeo Gera non voleva che la sua villa fosse nascosta dalla vegetazione del lungo Brenta, bensì librata in alto, come il Partenone: non solo un’abitazione, ma un luogo di incontro per gli amici artisti e letterati; più che una villa vera e propria, un luogo di piacere, forse, anche se le fonti sono discordanti, un tempio massonico.
Dopo quasi due secoli, la Villa si innalza ancora sul colle di Giano in tutta la sua magnificenza, immersa in una dimensione senza tempo che invita a contemplare il delicato equilibrio tra natura incontaminata e architettura neoclassica. Oggi, come allora, Villa Gera apre le sue porte a chi, con amore e rispetto, vuole respirare la cultura come Bartolomeo Gera la sognava, così come reca l’iscrizione sul tempietto sulle Mura: Pace e Amicizia.
Architettura di Villa Gera
Progettata da Giuseppe Jappelli, la struttura di Villa Gera presenta un basamento bugnato nel quale si aprono cinque arcate a tutto sesto con chiave di volta trapezoidale. Posizionato sul sedime della seconda cinta muraria del Castello, il possente zoccolo sostiene il nucleo residenziale, distinto da una pianta a griglia quadrata suddivisa a sua volta in ambienti quadrati. A concludere lo sviluppo verticale della dimora gentilizia è l’elegante copertura a doppio spiovente con tre oculi sul timpano superiore.
Un tempo costituito da un grande arco, il portale d’accesso occidentale era ornato sulla sommità da due massicce sfere di pietra, ora collocate ai suoi lati.
Progettata e costruita nella prima metà del XIX secolo, Villa Gera è di un tempo a noi vicino, ma sono chiari i riferimenti all’antico: al Partenone di Atene nel pronao ionico di matrice palladiana, alla gloria della Repubblica Romana nelle inestimabili opere pittoriche che decorano il piano nobile, con scene ispirate al De Bello Gallico e al De Bello Civili di Giulio Cesare.
Secondo il progetto originario di Jappelli, l’ingresso principale è orientato a est, in asse con la strada comunale dell’epoca. Il sontuoso portale è accessibile tramite un elaborato cancello in ferro in stile egizio, i cui battenti sono ingentiliti dalle sagome di un cane e di una leonessa. Degno di nota, da un punto di vista storico e architettonico, è senza dubbio l’arco trionfale eretto in onore di Garibaldi, ospitato in villa il 5 marzo 1867.
Il duplice accesso si articola intorno ad un salone passante, originariamente adibito al transito delle carrozze, posizionato sullo stesso livello del rigoglioso giardino.
La facciata rivolta a valle è ritmata da otto colonne ioniche sormontate da un timpano triangolare dentellato scolpito da Marco Casagrande, allievo di Antonio Canova. Le sculture, a grandezza naturale, raffigurano l’Architettura che accoglie le altre arti sorelle: pittura, scultura e poesia e musica.
La posizione dominante del pronao regala una straordinaria veduta a volo d’angelo sul soffice manto erboso del colle, scandito dai filari di un rigoglioso vigneto e ombreggiato dalle chiome di pini marittimi, magnolie, salici, tigli, cedri, palme e alberi da frutto.
Al di là delle floride viti e delle mura Carraresi, lo sguardo abbraccia l’antico cuore urbano coneglianese spaziando dall’ex Convento di San Francesco, edificio del XV secolo articolato intorno a un chiostro porticato, al campanile rinascimentale del Duomo, dal Teatro dell’Accademia affacciato su Piazza Giovanni Battista Cima, alla chiesa seicentesca dei santi Rocco e Domenico incorniciata da edifici affrescati.
Più in lontananza si scorge la stazione ferroviaria risalente a metà ottocento circondata da case e palazzi che punteggiano la sconfinata pianura solcata dal Monticano, fino a sfumare all’orizzonte come minuscole tessere di un suggestivo mosaico.
La città di Conegliano
Gioiello urbano di trentacinquemila abitanti, la città di Conegliano sorge alla sinistra del fiume sacro alla Patria, tra la sconfinata pianura trevigiana e i ridenti colli ammantati di lussureggianti vigneti.
Il nome di Conegliano compare per la prima volta in un documento scritto nel 1016 ma le prime documentazioni dell’antico borgo risalgono al X secolo.
Nel corso del Duecento il borgo medievale comincia ad assumere le caratteristiche di una cittadella fortificata e si impreziosisce di chiese, conventi e confraternite. Dal 1420 al 1797, durante la dominazione della Repubblica di Venezia, la città diventa un fiorente centro di attività commerciali. Stupendi palazzi affrescati sorgono intorno ai diversi ordini di mura che avvolgono il cuore storico della città, sede di importanti ordini religiosi.
La fertilità dei terreni unita al delicato microclima del territorio favoriscono lo sviluppo dell’agricoltura e di eccellenze vinicole che fanno guadagnare a Conegliano il titolo di “Cantina di San Marco”.
Con la fine della Serenissima, la città attraversa un lungo periodo di dominazione francese, poi austriaco (1813-1866). È proprio durante questa fase di occupazione straniera che si inserisce l’ideazione e l’edificazione di Villa Gera in Castello.
Marco Casagrande
Nato a Campea di Miane in provincia di Treviso, Marco Casagrande (18 settembre 1804 – Cison di Valmarino, 5 febbraio 1880) dimostrò fin dalla tenera età una spiccata predisposizione al disegno e alla scultura. Riconosciuto il talento del giovane, Bartolomeo Gera decise di finanziare i suoi studi all’Accademia delle Belle Arti a Venezia, dove Casagrande ottenne diversi riconoscimenti prima di diplomarsi nel 1826. Bartolomeo Gera era infatti convinto della necessità di promuovere l’arte fra i giovani e gli studenti, senza barriere sociali o politiche, senza discriminazioni di ceto o di provenienza.
Ispiratosi all’opera di Antonio Canova, genio assoluto del neoclassicismo, Marco Casagrande scolpì il timpano di Villa Gera dal 1826 al 1827. L’allegoria dell’Architettura che apre la propria casa a Pittura, Scultura Poesia e Musica, esprime in modo inequivocabile la personalità del Gera, pronto ad accogliere, ospitare, aprire le porte a chiunque possa contribuire con un dialogo costruttivo a una crescita culturale, artistica, sociale. Sempre guardando in alto, sempre scegliendo il meglio per tutti, senza esclusioni.
A Ferrara, Marco Casagrande realizzò il motivo ornamentale del timpano di Palazzo Camerini, raffigurante La Fortuna propizia l’Idraulica e realizza l’Abbondanza. A Treviso impreziosì Palazzo Bortolan con tre bassorilievi raffiguranti Ettore e Andromaca, Paolo e Francesca e Olindo e Sofronia.
Artista di fama internazionale, il Casagrande fu invitato in Ungheria dal Patriarca di Venezia Ladislao Pirker per eseguire la decorazione scultorea della basilica di Eger, poi di Esztergom. Autore di preziose opere realizzate a Budapest su committenza privata, lo scultore tornò in Italia dopo la morte di Pirker nel 1848 e si stabilì a Cison di Valmarino ove successivamente lascerà pregevoli statue. A Conegliano gli fu commissionata la realizzazione dell’altare di S. Tiziano nel Duomo, ornato da una fine statua marmorea.
Giuseppe Jappelli
Annoverato tra i massimi esponenti neoclassici, Giuseppe Jappelli (Venezia, 14 maggio 1783 – Venezia, 8 maggio 1852) si iscrisse all’età di quindici anni all’Accademia Clementina di Bologna e divenne architetto, ingegnere e paesaggista.
A Venezia lavorò come agrimensore ed entrò nella loggia massonica locale, di cui condivideva gli ideali. A Padova gli furono commissionate importanti opere per sistemare la viabilità fluviale e urbanistica. Suo il progetto del Macello pubblico comunale, oggi Scuola d’Arte Pietro Selvatico, situata in Largo Egidio Meneghetti, 1. Iniziati nel 1816, i lavori di costruzione dell’edificio si conclusero nel 1821, come riportato in numeri romani sull’architrave sorretto dal possente pronao dorico.
Opera di Jappelli è anche lo splendido caffè Pedrocchi di Padova, inaugurato nel 1831 (il piano nobile, dedicato a spettacoli e feste, fu inaugurato nel 1842 e ospita oggi il Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea.)
Magistrale architetto paesaggista, lo Jappelli ideò il Parco romantico di Saonara nel 1816. Dal 1838 al 1840 fu artefice dei padiglioni del giardino di Villa Torlonia a Roma.
Dal 1823 al 1827, Jappelli progettò e costruì villa Gera, da lui stesso definita “palazzo” di Conegliano, considerandola una delle sue opere più significative.
Gli affreschi di Villa Gera
Dall’androne passante del pianterreno, una raffinata scala a tenaglia in pietra rossa conduce al piano nobile nel grande salone a vela affrescato da Giovanni Antonio De Min con scene tratte dal De Bello Gallico che illustrano la vittoria sugli Elvezi e il passaggio delle Alpi. Le pareti della sala sono nobilitate da due splendidi monocromo raffiguranti le Idi di marzo e un atto di clemenza di Cesare (liberazione di prigionieri) presso la città di Corfinium, ispirati al De Bello Civili.
Quattro salotti e l’accesso al pronao ottastilo sono collocati simmetricamente intorno al salone centrale.
I cartoni con la bozza dei dipinti che Giovanni De Min, dopo più di sette anni di abboccamenti e trattative, aveva presentato nel giugno del 1835 a Bartolomeo Gera, allora sessantaseienne, richiamano in modo allegorico il contesto storico contemporaneo di dominazione austriaca.
Alla gloriosa conquista del territorio degli Elvezi da parte di Cesare e del suo esercito faceva eco la dignitosa ritirata della fiera popolazione autoctona, costretta ad abbandonare la propria terra natia dopo una feroce battaglia. Ai fasti trionfali di Giulio Cesare durante la sua vita da condottiero, corrispondeva la congiura del 15 marzo del 44 a.C. a dimostrazione del fatto che la storia, talvolta, può riscattare gli oppressi e concedere loro giustizia.
Pur riconoscendo il richiamo irredentista del risorgimento antiaustriaco nell’opera di De Min, Bartolomeo Gera accettò il rischio e diede il proprio benestare al progetto.
A dare vita agli affreschi del salone fu la sintesi tra l’estro creativo del talentuoso e audace artista e la personalità vivace e risoluta di Bartolomeo Gera, uomo di profonda cultura e sensibilità, animato da una mentalità aperta, giovanile e proiettata verso il futuro a dispetto della sua età, all’epoca ritenuta veneranda.
Giovanni de Min
Prolifico freschista, Giovanni de Min (Belluno, 24 ottobre 1786 – Tarzo, 23 novembre 1859) era grande amico del pittore milanese Francesco Hayez e dell’artista veneziano Giambattista Canal, affreschisti delle Procuratie nuove di Venezia.
Ad attestare l’intensa attività pittorica del maestro bellunese sono gli affreschi che decorano la Galleria Chiaramonti, nei Musei Vaticani, il quadro ad olio La regina di Saba innanzi al re Salomone, portato a Venezia nel 1817 in onore delle nozze dell’imperatore Francesco I. Sempre a Venezia, Giovanni De Min affrescò Palazzo Papadopoli e Palazzo Reale.
Autore degli affreschi che abbelliscono Caffè Pedrocchi a Padova, il pittore fu attivo anche a Vicenza (1819-31), a Milano (1831-35) a Sedico, dove affrescò Villa de’Manzoni ai Patt e a Belluno, di cui affrescò la Sala del Consiglio Municipale. A Conegliano, realizzò gli spettacolari affreschi di Villa Gera. Dal 1840 al 1859, De Min operò a Vittorio Veneto, Belluno, Agordo, Candide, Dosoledo, Pove del Grappa, Mirano, Feltre, Mel, Crespano del Grappa, Este, Auronzo, Cison di Valmarino, Tarzo, Moriago e Codroipo.
Le adiacenze della Villa e il terreno circonstante
Il 13 settembre 1943, un terribile incendio distrusse l’affresco di Giovanni De Min “Sbarco di San Saba a Costantinopoli” che nobilitava la parete di un’edificio adiacente alla villa verso est, in origine adibito a studiolo di Bartolomeo Gera, di cui sono rimasti oggi solo i muri perimetrali.
A completare il complesso architettonico è un fabbricato rurale adibito tradizionalmente a stalla, fienile, deposito attrezzi e allevamento dei bachi da seta.
Le mura Carraresi
Raggiungibile dalla villa tramite un ponticello, il camminamento superiore delle Mura Carraresi affianca la calle della Madonna della Neve, accessibile dal giardino e dal frutteto. Il cammino di ronda è concluso a nord da un tempietto votivo del 1817 da cui si può ammirare il paesaggio fiabesco dei verdi colli, delle Prealpi che troneggiano all’orizzonte, del serpeggiante corso del fiume sacro alla Patria. A sud termina con un belvedere che offre vedute esclusive ed emozionanti della città e della pianura.
L’antico ingresso cittadino presenta a sud una grotta artificiale ornata da una statua della Madonna del XIX secolo e da una galleria in mattoni a vista che si snoda lungo le mura della calle della Madonna della Neve.
Gli inestimabili affreschi, il grandioso colonnato, i panorami mozzafiato e il prospero parco di Villa Gera costituiscono lo scenario ideale per concludere delicate trattative, organizzare appuntamenti e ricorrenze aziendali, cene di gala, festeggiamenti natalizi e matrimoni indimenticabili.
Grazie alla sua ottima acustica, il Salone costituisce l’ambiente ideale per concerti di musica da camera. L’atmosfera d’altri tempi che pervade i magnifici ambienti affrescati della Villa si presta ottimamente per allestire set cinematografici e servizi fotografici pubblicitari.